Mr. Lars, sognatore d'armi by Philip K. Dick

Mr. Lars, sognatore d'armi by Philip K. Dick

autore:Philip K. Dick [Dick, Philip K.]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 8834715705
editore: Fanucci
pubblicato: 2011-07-24T20:42:15+00:00


CAPITOLO QUINDICESIMO

Davanti a lui si accese una doppia fila di lampade, un tunnel bianco-oro perché lui vi s'incamminasse.

Il vento dei ghiacciai lo schiaffeggiava, penetrandogli fino alle ossa, in un avido abbraccio, e Lars camminò, seguito dai due poliziotti. Anch'essi rabbrividirono, e tutti e tre coprirono la distanza fino all'edificio più prossimo alla maggior velocità possibile.

La porta dell'edificio si chiuse ermeticamente dietro di loro e il calore li circondò. Si fermarono, ansimando, le facce dei poliziotti terribilmente gonfie e paonazze, non tanto per il brusco salto di temperatura, ma per la tensione interna, come se temessero il momento in cui sarebbero stati scaraventati nuovamente all'esterno.

Quattro membri del KVB, la Polizia Segreta Sovietica, avvolti in pre-mantelli fuori moda, ma indossando abiti di lana di taglio modernissimo e scarpe di Oxford strette e appuntite, nonché cravatte lavorate a maglia, comparvero dal nulla. Era come se si fossero letteralmente staccati, per Virtù di magia, dalle pareti dell'anticamera nella quale Lars e i due poliziotti del Blocco Ovest stavano boccheggiando.

Senza alcun suono, in un lento, ritualizzato momento della verità, le polizie del Blocco Ovest e dell'Est Spione si scambiarono i documenti d'identificazione. Dovevano aver portato, giudicò Lars, cinque chilogrammi di identidoc ciascuno. Lo scambio di carte e tessere e ronzanti chiavi cefaliche sembrava dovesse continuare in eterno.

E nessuno pronunciò parola. Nessuno dei sei lanciò una sola occhiata agli altri, tutta l'attenzione essendo concentrata sui documenti.

Lars si allontanò, trovò un distributore di cioccolata calda, v'infilò un decino ed ebbe subito la sua tazza di carta; la sorseggiò con calma, conscio che la testa gli doleva e che non aveva fatto in tempo a radersi. Si rese conto, acutamente, dello spettacolo deprimente, scostante, per non dire chiaramente disgustoso, costituito dalla sua persona. Proprio in un momento come questo. E in queste circostanze.

Quando la polizia del Blocco Ovest ebbe concluso lo scambio degli identidoc con la sua controparte dell'Est Spione, egli disse in tono caustico: «Mi sento come una vittima della Gestapo. Tirato a forza dal letto, senza radermi, e con i miei abiti peggiori, costretto a fronteggiare...»

«Non sarete costretto a fronteggiare nessun Reichsgericht,» disse uno dell'Est Spione, troncandogli la parola in bocca. Il suo inglese era fin troppo perfetto, probabilmente imparato da un nastro magnetico. Lars pensò subito a un robot, un androide, o più genericamente a una macchina; non era un augurio ottimistico. Un simile modo di parlare, del tutto privo d'inflessioni, era spesso associato — si ricordò — a certe forme di pazzia, dovute a lesioni cerebrali. Dentro di sé ebbe un gemito. Sapeva ora quel che T.S. Eliot intendeva dire della fine del mondo, quando affermava che non sarebbe stata un'esplosione improvvisa, ma un lungo piagnisteo a mezza voce. Il mondo, cioè, sarebbe finito con qualcosa di simile a un lievissimo cigolio meccanico emesso da coloro che adesso — gli piacesse o no, questa era la vera situazione — lo tenevano prigioniero.

Il Blocco Ovest, per ragioni che ovviamente non gli sarebbero mai state spiegate perché potesse analizzarle ed apprezzarle, aveva consentito che l'incontro con Lilo Topchev avvenisse sotto la giurisdizione sovietica.



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